lunedì 7 aprile 2025

Un esperimento che avrebbe dovuto confermare la teoria del contagio del vaiolo, ma invece l’ha distrutta.

 


Nel 1901, nello stato del Wisconsin (USA), il dottor Matthew Rodermund condusse un esperimento senza precedenti.

Si cosparse volontariamente il viso, le mani e i vestiti con il pus delle pustole di una paziente affetta da vaiolo, dopodiché cominciò a entrare in stretto contatto con altre persone: toccava i loro volti, cenava con la famiglia, viaggiava in treno, curava i pazienti, giocava a carte in un circolo.

Il risultato?

Zero contagi. Nessuno si ammalò!

Medici, funzionari e giornali tentarono di accusarlo di irresponsabilità, lo misero in quarantena, ma furono costretti a ritirarsi: non c’era nemmeno un caso confermato di contagio.

Questo caso rappresentò una sfida non solo alla scienza medica dell’epoca, ma a tutta la moderna visione delle malattie infettive, basata sulla paura e sul dogma.

In un certo senso, il dottor Rodermund fu fortunato: nel 1901 non esistevano test truffaldini come il PCR, con cui oggi dobbiamo confrontarci.

I medici dell’epoca erano costretti ad osservare la realtà, non dati digitali con esiti “positivi”.

E poiché dopo i suoi contatti nessuno si ammalò, tutte le accuse furono ritirate.

Oggi, però, sarebbe andata diversamente.

Con l’utilizzo del PCR – basato su sequenze genetiche che non hanno alcuna relazione con presunti “virus”, la cui esistenza non è mai stata scientificamente dimostrata – e con un numero sufficientemente alto di cicli di amplificazione, chiunque può essere dichiarato “portatore asintomatico”.

Il dottor Rodermund, e tutti coloro con cui era entrato in contatto, oggi sarebbero stati rinchiusi, stigmatizzati e sottoposti a misure coercitive.

Ma allora vinsero i fatti.

E sono proprio casi come questo a ricordarci che la vera scienza richiede coraggio, onestà e osservazione diretta e non fede nella magia digitale e paura di un “nemico invisibile”.