Di Valdo Vaccaro.
(un lettore chiede a Valdo come ha fatto a
conciliare le sue scelte di vita con il mondo che ci circonda).
”Si è trattato di una scelta coerente di vita
che è partita da quando ero piccino.
Se metti un ragazzino qualsiasi di fronte a un macello, ad osservare degli omaccioni che, con l’aiuto di 2 o 3 corde, trascinano di forza un povero animale in un macabro e sinistro stanzone chiamato macello, mentre la povera creatura pianta sulla ghiaia del cortile le sue zampe anteriori, sbuffa e scalcia, urla, piange e implora, perché ha sentito con le sue lunghe antenne il puzzo di morte emesso da quell’ambiente benedetto dai preti ma maledetto da Dio, quel ragazzo ha due opzioni nella sua testa.
O si rende conto di essere capitato in un mondo
manicomiale di bipedi pazzi e criminali, senza cuore e senza cervello, oppure
si adegua e dice “il mondo è questo ed io ne faccio parte integrale.
Ho deciso sin dal primo istante di schierarmi
con gli animali.
Ho capito da subito di non appartenere in alcun
modo a quella ganga di idioti, di imbecilli, di vigliacchi e di delinquenti.
Non mi è servito il parere di mio padre e di
mia madre.
Non mi è servito andare in chiesa o andare a
scuola.
Non ho dovuto sfogliare un testo di scienze o
un qualsiasi vangelo.
La scelta era già fatta, chiara e definitiva.
Nel cuore mio sapevo da quale parte stare.
Ero amico degli animali e nemico di quel tipo
di uomini.
Mai avrei messo in bocca qualcosa che fosse
appartenuto a questi esseri disgraziati e vilipesi.
Ho capito solo che non potevo fare nulla di
concreto contro la mafia razzista umana, schierata uniformemente contro la
natura e contro gli innocenti e i deboli della Terra, contro i veri bambini del
pianeta.
Famiglia, scuola, chiesa, carabinieri, sindaco,
preti, osti, negozianti, tutti d’accordo e tutti collusi col sistema.
UN SENTIMENTO DI ANGOSCIA E DI IMPOTENZA
La tentazione di andare di notte in quella
prigione e liberare le povere bestie detenute nel braccio della morte e destinate
alla macellazione del giorno dopo era grande.
Ma cosa avrei mai ottenuto?
E poi c’era un cane lupo più grande di me a
fare da guardia notturna.
Mi sono portato dentro costantemente l’angoscia
e la sofferenza di quegli animali che ho visto sgozzare, e dei tanti altri che
ho immaginato essere sgozzati altrove.
Un dolore sordo ed insopprimibile.
Un sentirsi vile ed impotente di fronte a
questa tragedia umana.
Quando, negli anni successivi, mi resi conto
che Pitagora, quello dei triangoli, insegnava a rispettare tutte le creature
viventi, dal pesciolino alla balena, dal pulcino al bue, fu come capire che al
mondo ci sono le persone per bene e ci sono i farabutti, ci sono le persone che
pensano e sentono da un lato e ci sono i cafoni e gli indifferenti dall’altro.
Quando compresi che Leonardo da Vinci definiva
crimine l’uccisione di ogni singolo animale, e quando intesi che Voltaire
definiva il permanere di un singolo macello al mondo come fatto scandaloso ed
intollerabile, fu come capire che la scienza e la filosofia stavano dalla mia
parte e non dalla parte della gente di basso rango spirituale.
C’era sì il rischio di scatenare un nuovo razzismo. Quello del buono contro il cattivo. E la cosa non mi andava a pennello.
Avevo l’esempio concreto in famiglia. Due magnifici ed impeccabili genitori, anche se poco disposti allora a pensarla come me. Non era quindi una questione di più o meno buoni, ma piuttosto di più o meno informati, di più o meno sensibilizzati, di più o meno responsabilizzati.
Infatti non feci molta fatica a portarli
via-via sulle mie stesse posizioni, anche se ci volle del tempo, degli anni.
Compresi dunque l’importanza della corretta
informazione e di un coinvolgimento etico, tutte cose che venivano
sistematicamente tradite dalla scuola, dai vari governi in carica, dalla legge
umana sempre collusa col crimine, dai giornali e dalle televisioni, da sempre
venduti a chi paga meglio.”