martedì 30 giugno 2020

A buon intenditor poche parole




All'inizio dell’autunno del 1918 apparve dal nulla un virus che uccise 50 milioni di persone, poi, altrettanto misteriosamente, il virus scomparve nel nulla da cui era venuto. Questo disastro passerà alla storia come l’influenza Spagnola del 1918.
Ovviamente io non credo affatto alla insensatezza di Madre Natura. Non credo affatto che una Millenaria Saggezza abbia progettato lo sterminio di milioni di persone per poi nascondere si tanto diabolico odio in un incomprensibile destino stracolmo di virus che ci odiano a morte.
Sono più propenso a credere, invece, che la causa di questo disastro risieda nell’ arrogante ignoranza dell’essere umano. Infatti l’ambizioso progetto di sostituire la Millenaria Saggezza della Natura con la ben più remunerativa chimica non sarebbe certo una novità, visto che l’industria del farmaco non soltanto ha perpetuato l’ambizioso progetto fino ai giorni nostri, ma è arrivata perfino a piazzare i suoi veleni chimici tra le prime cause di morte al mondo.
A proposito di arrogante ignoranza e veleni chimici: non dimentichiamo che in quello stesso periodo erano state fatte delle massicce campagne di vaccinazioni contro il tifo, la difterite e il vaiolo! 

A questo punto qualche nostalgico del napalm, dell’AZT, delle bombe atomiche (e dei vaccini) potrebbe anche obiettare che l’arrogante ignoranza umana apparterrebbe pur sempre - e comunque - alla Millenaria Saggezza di Madre Natura…
No! Non è certo il “Distruggi te stesso” l’anima di una Millenaria Saggezza.
In caso contrario qualsiasi saggezza primordiale sarebbe rimasta bloccata, per sempre, nella incomprensibile insensatezza di creare per poi distruggere? …  di conseguenza niente e nessuno sarebbe stato in grado di apprezzarla.

In questi giorni si parla molto di possibili ricadute della falsa pandemia COVID19; infatti a detta di alcuni esperti la falsa pandemia potrebbe degenerare all'improvviso con conseguenze devastanti simili alla Spagnola del 1918.
Tutto questo catastrofismo, scaturito da anime in pena e sempre più terrorizzate da un inferno di virus che loro stessi hanno inventato, mi ha fatto riflettere, poiché  indipendentemente dall'onestà o dalla falsità di queste anime in pena, rimane comunque il fatto che i più grandi delinquenti di questo mondo hanno a disposizione tutti i virus demoniaci, pardon, volevo dire tutti i veleni chimici più sofisticati e perfezionati… di conseguenza non dovrebbe essere poi così tanto difficile ricreare le stesse identiche situazioni della Spagnola.
A buon intenditor…


  

Qui di seguito trovate una sintesi di una stupenda tesina di Valdo Vaccaro sulla Spagnola del 1918 


Il virus non è un mostro vivente. Non è neppure un mostro semi-vivente o uno Zombie vendicativo che si muove in cerca di vittime. Ancor meno è un vampiro tornato dall’al-di-là ed assetato di sangue e di nuove cellule umane da ghermire
Il virus è sempre e solo materiale morto e spento del tutto, privo di cervello, di volontà, di anima, di mezzi assorbitivi-nutritivi, duplicativi e riproduttivi. Incapace pertanto di pensare e di agire, e meno ancora di intraprendere degli attacchi contro l’uomo o contro chicchessia.
Un virus poi non può essere colpito, deattivato, ammazzato. Si può mai ammazzare un sasso? Si può mai assassinare una cosa già morta?
Virus come materiale intasante? Quello sì. Come fa ad aumentare e ad intasare se non ha capacità replicative? Molto semplice. Si accumula secondo formula sommatoria e non attraverso moltiplicazione. Si accumula perché è il corpo umano, per normale legge fisiologica, che subisce una ininterrotta disintegrazione cellulare producente detriti organici, chiamati impropriamente virus autogeni o veleni.
Se il soggetto respira bene, mangia corretto, si muove, utilizza tutte le sue funzioni mentali, fisiche, sessuali e spirituali, il corpo funziona al meglio nel suo metabolismo nutritivo-ripulitivo, e non si creano intasamenti e rallentamenti, blocchi e ostruzioni di alcun genere, in quanto tali virus vengono in parte riciclati e per il resto espulsi mediante gli apparati emuntori (polmoni, reni, intestini, epidermide).
Ogniqualvolta l’uomo si intossica a monte (cibo, stress, emozioni, clima, inquinamento), il sangue si addensa e diventa viscoso, il metabolismo rallenta, gli organi si infiammano (epatiti, nefriti, gastriti, coliti, riniti), i virus si accumulano per sommatoria e creano pesanti ostruzioni.
Il servizio batterico interno di nettezza urbana, e di pronto intervento, scatta grazie a Dio con tanto di sirena, e va a piazzare una crisi espulsiva-liberatoria chiamata influenza, facendo buon uso dello strumento principe chiamato febbre, sapientemente dosato dal sistema immunitario.
Fin dai tempi più antichi esiste un metodo sicuro e garantito, preciso e infallibile, per risolvere una cosiddetta infezione virale (che in realtà è sempre e solo una semplice ostruzione interna e autoctona).
Fin da tempi di Sparta e Atene, sin dall'era di Talete, Pitagora e Parmenide, si sapeva benissimo come guarire in una sola notte dalle influenze. Guarire in una sola notte, senza farmaci, senza medici e a costo zero, grazie alla febbre alta e all'acqua.
Ti arriva la febbre? Non abbassarla mai con niente, nel modo più assoluto. Al limite sarebbe meglio alzarla che abbassarla.
Bevi dunque semplice acqua in abbondanza, o anche acqua e limone non zuccherati, e infilati sotto un caldo piumino o sotto le coperte. Basta una notte con 6-8 ore di intensa traspirazione, stile sauna, e la mattina dopo ti ritrovi sfebbrato del tutto e senza più intasamento virale.
I medici di oggi nulla sanno di queste cose e meno ancora sanno dell’importanza della febbre come strumento di guarigione manovrato dal sistema immunitario. Hanno imparato semplicemente che, per ogni diversa patologia, esiste una pillola, un farmaco, un flacone, studiati appositamente per stroncarla. E che la febbre è un accessorio della patologia nemica. Qualcosa dunque da sopprimere senza riserve e senza esitazioni.
Il risultato finale è che queste cure miracolose riducono prontamente la temperatura, ma nel contempo prolungano la febbre che, da intensa e acuta, si trasforma dopo pochi giorni in leggera e cronica, causando alla fine quel fenomeno di morie collettive chiamate epidemie, attribuite ad agenti virali anziché ad ignoranza o a perfidia terapeutica.
Non conoscendo un bel nulla di queste problematiche, i nostri medici odierni identificano il nemico da combattere nella febbre stessa, e curano in modo disinvolto e tranquillo l’influenza con l’aspirina o con dei febbrifughi.
Nessun ragionamento sulla fonte intossicante a monte (dieta, stress, clima, ecc) che nessuno ha pensato a disattivare e che continua a rallentare il sangue, a procurare ostruzione virale ed accumulazione virale. Il risultato è che, entro poche ore, la fastidiosa febbre scompare e il paziente, anche se tuttora carico di materiale virale, si sente provvisoriamente meglio.
Ma, né il medico né tanto meno il paziente sanno che con la temperatura normalizzata si inceppa il meccanismo termico stoppa-virus, per cui nel giro di 3 giorni la conta dei virus inespulsi passa da pochi milioni a miliardi e miliardi.
A questo punto, arriva una drammatica ricaduta, una ripresa della febbre. Il paziente finisce in ospedale con la polmonite e viene trattato, manco a dirlo, con dosi massicce di aspirina, o di prodotti similari. Comincia a boccheggiare e a bramare dell’aria che non riesce ad assumere e, nel giro di 24 ore, passa spesso dalla vita alla morte.
Cos'è che ha bloccato il febbrone iniziale? L’aspirina. Cos'è che ha decapitato infine, dopo circa 72 ore, il sistema immunitario nella fase di ricaduta? Ovviamente l’aspirina. Questo è uno schema classico nei decessi da polmonite fulminante. Ecco spiegato quello che successe nell'epidemia del novembre 1918.
I medici della prima Grande Guerra sapevano che l’aspirina riduceva rapidamente la febbre, pertanto l’adoperavano in modo sistematico. Se a un soldato veniva la febbre gli affibbiavano subito l’aspirina. Tre giorni dopo gli veniva la polmonite fulminante e moriva regolarmente durante la notte.
Nessuno si sognava di fare dei collegamenti logici tra quella morte e l’aspirina. Anche perché morire in trincea era cosa normalissima. Se non era il proiettile o la granata, ci pensavano la difterite o la tubercolosi, lo stress e la paura, l’umidità e gli stenti.

Con l’armistizio del 1918 tutti i soldati tornarono a casa dai vari fronti.
Per la prima volta esisteva un mezzo straordinario di comunicazione chiamato telefono.
Tutti i soldati avevano memorizzato un fatto soltanto, e cioè che, con la magica aspirina, la febbre calava. Nessuno aveva invece fatto, lo ripetiamo per chiarezza, il collegamento tra aspirina e polmonite fulminante. I combattenti americani che rientravano in patria dall'Europa, telefonavano a casa, e raccomandavano ai familiari di curarsi con la meraviglia del momento, con la poderosa aspirina, rimedio magico contro ogni tipo di febbre.
Il 24 novembre del 1918 migliaia e migliaia di pazienti ammalati di polmonite affollavano gli ospedali americani con una misteriosa ricaduta influenzale e con la febbre alta. La stessa cosa succedeva in Europa. I medici di allora furono presi di sorpresa. Non avevano mai visto nulla del genere. I pazienti arrivavano in ospedale, venivano messi a letto ed aspirinizzati, e lasciavano libero il loro posto la mattina successiva, prendendo la via del camposanto.
La chiamarono epidemia Spagnola perché i primi a morire, come mosche spruzzate dal DDT, si erano registrati in Spagna. Il vero responsabile però non era il DDT, e nemmeno l’inesistente virus della Spagnola. Il vero responsabile si chiamava aspirina.
Nessuno fu in grado di spiegare quei milioni di morti. Ma oggi lo sappiamo. Quella peste non aveva una comune causa patogena, ma raggruppava centinaia di diversi tipi di febbre esistenti da sempre nelle varie regioni del mondo.
La sola differenza, nel fatidico novembre 1918, era l’esistenza del telefono e del conseguente passaparola internazionale. Hai la febbre? Prenditi una buona dose di aspirina! Questa era la parola d’ordine…