In concomitanza con l'instaurarsi delle misure restrittive pretesamente “emergenziali” – in realtà non previste dalla Costituzione italiana per “rischio sanitario”, come già stabilito da più di un giudice in diverse sentenze e ordinanze[1], e dunque illegittime – inerenti alla nemmeno mai formalmente dichiarata “pandemia” globale da Covid-19[2], si è assistito a un proliferare di “restrizioni” anche nell’àmbito dell’informazione. Ciò è stato realizzato estendendo arbitrariamente il campo semantico di ciò che era già tristemente noto con la goffa definizione di “politicamente corretto” – e che già peraltro costituiva un tacito ma significativo quanto illegittimo impedimento alla libera espressione delle idee garantita dall’art. 21 della Costituzione, e il cui esito estremo quanto inevitabile sarà probabilmente la definitiva approvazione del cosiddetto Ddl Zan – e pertinente perlopiù a questioni sociali, religiose, etnoculturali, razziali, sessuali, ecc., anche a quelle medico-scientifiche, operando di fatto una censura stringente in una materia nella quale solo l’adesione alla reale evidenza scientifica dovrebbe costituire l’unico discrimine fra ciò che può essere detto e ciò che non deve – almeno in sede ufficiale – perché riconosciuto falso in maniera oggettiva e comprovata, e dunque ingannevole.
Di pari passo a queste restrizioni informative si è avuto anche il proliferare di coloro i quali su tali restrizioni hanno il compito, più o meno ufficiale, o più o meno “autoimposto”, di “vigilare”. È proprio in questo periodo che nasce infatti il sito dei sedicenti “fact checker” di “Facta.news”, con l’asserito scopo di verificare le notizie diffuse sui vari mezzi di informazione. Per loro stessa ammissione, il loro sito è in rete dal 25 marzo del 2020[3] – che è anche la data esatta dell’emissione del primo decreto-legge liberticida n.19 del governo Conte con il quale si procedeva abusivamente alla “serrata” dell’intera Nazione – e perciò perfettamente in sincronia con la deriva autoritaria di stampo tecnosanitario di cui ancor oggi non si vede la fine (perché una fine non è prevista, dovendo ormai esser questa, com’è noto, la “nuova normalità”). È proprio in quest’àmbito ormai così “sensibile” che i “guardiani” di “Facta” operano oggi in maniera più incisiva.
Essi procedono citando spesso testualmente nel titolo di un loro articolo l’affermazione che decidono di attaccare anteponendovi le parole “Non è vero che...”, all’incirca nel modo stucchevole che userebbe un bambinetto di seconda elementare particolarmente petulante. Del resto, il livello cognitivo di quelli che possono sperare di influenzare con simile “modus operandi”, è pressappoco quello (ma sfortunatamente non sono così pochi).
Recentemente, uno dei loro bersagli preferiti è diventato Stefano Scoglio, ricercatore scientifico indipendente, assurto a grande notorietà nell’àmbito della controinformazione per aver preso una posizione netta e inequivoca nei confronti di una “farsa” – come da sua testuale quanto ineccepibile definizione – spacciata per “pandemia”. Scoglio ha dimostrato, documenti ufficiali alla mano, che il CDC americano – il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie – ha ammesso l’impossibilità di isolare un qualsivoglia virus perché ciò “è oltre le possibilità della virologia”, come da testuale risposta fornita dall’ente statunitense[4]. Di conseguenza tutta la costruzione fantastica della “favola nera” della Covid-19 – nonché della stessa basilare teoria del contagio batterico-virale, mai provata scientificamente – si rivela per quello che è: nient’altro che una farsa, appunto. Su questa affermazione i “falsologi” di “Facta” – come giustamente li chiama Scoglio – si sono ovviamente gettati a corpo morto per tentare di “disinnescarla” e annullarne le valenze potenzialmente devastanti per l’intero carrozzone medico-mediatico. L’articolo nel quale si sono prodotti nel tentativo è consultabile a questo indirizzo:
cui Scoglio ha controreplicato a sua volta qui:
Proprio nel loro maldestro attacco alle affermazioni di Stefano Scoglio, e ancor più nella gestione dei commenti della relativa pagina, essi si sono rivelati per ciò che sono: cani da guardia dell’attuale Sistema che ricorrono alla censura e all’insabbiamento non appena, di fronte a obiezioni circostanziate e documentate, non sono più in grado di imbastire verbose circonlocuzioni vertenti su capziosi distinguo atte a disorientare e a confondere le idee di chi contesti pur volenterosamente ma senza troppa cognizione di causa le loro affermazioni apodittiche e fondate non sull’evidenza scientifica, ma sui dogmi su cui la moderna “religione scientista”, che affonda le sue radici nell’Illuminismo ottocentesco, a tutt’oggi si regge per tutelare gli interessi colossali del comparto chimico-farmaceutico, nonché gli innominabili progetti di controllo onnipervasivo e di asservimento degli individui, del Sistema tecnocratico che se ne serve.
Questo può essere provato da chi scrive, che giorni fa ha lasciato un commento nella pagina suindicata – visibile nelle immagini allegate al presente articolo – del quale, in barba all’apparente “apertura al confronto” dei redattori di “Facta” e al loro aplomb posticcio esibito con soavità di fronte alle contestazioni più grossolane e ostili, non ha mai visto la fine della “moderazione”, poiché, com’è facile vedere collegandosi alla pagina in questione, il commento – pur essendo stato inviato più e più volte, in giorni diversi – non è mai apparso. Tra l’altro, se la “moderazione” fosse veramente tale, dovrebbe esercitarsi su quei commenti che sono apertamente offensivi e gratuitamente insultanti – e ve ne sono, come potrà verificare chi visiti la pagina in questione – mentre invece quelli hanno buon gioco nel pubblicarli senza problemi per gettare fumo negli occhi dei lettori e poter farsi passare da persone aperte al confronto che non badano ai modi ma alla sostanza.
Quindi, finché le contestazioni si basano su insulti e invettive, essi rispondono con la pacatezza fittizia di chi comunque deve svolgere un ruolo ormai di fatto “istituzionalizzato”, sia pure non esplicitamente; ma quando, di fronte ad argomentazioni ben circostanziate e basate su quegli stessi “fatti” della cui veridicità pretendono di farsi garanti, che si infilino fra le contraddizioni delle stesse fonti ufficiali dalle quali essi si sentono legittimati nella loro opera che di fatto è di “fake-checking” – una certificazione ufficializzante del falso – come un bisturi fra le piaghe purulente di un ascesso, allora tutto questo si scioglie come neve al sole, e i piccoli “falsologi” – ma forse sarebbe più corretto definirli “falsofili”, vista la loro predilezione per la falsificazione scientifica… – battono in silenziosa ritirata abbandonando il campo.
In conclusione, la loro “moderazione” non si basa sui modi, come per definizione dovrebbe essere, ma sugli argomenti, le idee, e soprattutto i fatti. Però in questo caso si chiama “censura”[5].
Quanto sotto sta a dimostrarlo.
[1] Sentenza del Giudice di Pace di Frosinone n.
819/20920, ordinanza del Tribunale di Roma n. 45986/2020.
[2] L’Oms
non ha mai messo per iscritto in alcun documento ufficiale che vi sia una
“pandemia”; si tratta di una dichiarazione soltanto verbale e, come tale, non
“ufficiale”.
[3] https://facta.news/chi-siamo/
[4] https://pattoverascienza.com/sars-cov2-covid19-e-gli-altri-virus-chi-li-ha-visti-2/
[5] Per colmo di comicità (involontaria), poi, proprio in tale discussione i “fake-checker” rispondono candidamente a una utente che li accusava, non a caso, di operare la censura dei commenti scomodi, chiedendo in modo retorico: “chi avremmo censurato?” Lo hanno fatto con chi scrive, tanto per cominciare, e le immagini allegate al presente articolo ne sono la prova.
Andrea Di Massimo